sabato 9 gennaio 2010

Cultura...! What's? Cu-l-tu-ra! Ah yes, we can!


Nella mia città, Monfalcone, ci sono grandi sommovimenti nel settore culturale. Ciò che mi ha colpito di più è la scelta del Comune di procedere ad una selezione pubblica per individuare il nuovo direttore artistico della stagione musicale/concertistica del Teatro Comunale di Monfalcone. Sembra una cosa banale, detta così, ma bisogna pensare che Carlo de Incontrera è curatore della stagione musicale del Comunale da 26 anni. De Incontrera saputa la cosa, alla quale l'Amministrazione non può sottrarsi per questioni normative nazionali, ha scelto con queste parole di non partecipare alla selezione: "Mi si trova sulle enciclopedie, figuriamoci se alla mia età (quasi 73 anni) mi metto in gara: sarebbe ridicolo!...In alcun caso parteciperò alla selezione pubblica. Ritengo, infatti, che dopo 26 anni, sia giusto lasciare il campo ad altri, possibilmente più giovani. Tutto qui".
De Incontrera va detto ha contribuito alla creazione del Teatro Comunale come è oggi, una realtà riconosciuta a livello nazionale, e ha prodotto stagioni musicali con nomi di assoluto rilievo, essendo persona preparata e competente. A fronte di tutto questo, alcuni giorni dopo l'annuncio l'Assessore alla Cultura di Monfalcone ha anche proposto, pur di non perdere la collaborazione di de Incontrera di trasformare il tatro Comunale in una Fondazione, aggirando quindi il cavillo normativo dell'obbligo di selezione (fonte il quotidiano "il Piccolo" di Monfalcone/Gorizia del 07 gennaio, mi pare). Questi i fatti, vedremo.
Volevo però soffermarmi su alcune parole di de Incontrera rilasciate a margine degli avvenimenti citati (intervista su "il Piccolo" del 06 gennaio). Il direttore artistico parla in relazione alla flessione di spettatori che il Teatro Comunale ha vissuto nella stagione musicale e dice: "E' un fenomeno nazionale e internazionale, per carità. Forse Monfalcone paga anche il fatto di essere una piccola città o forse il pubblico s'è impigrito. Sicuramente mancano i giovani a teatro e, per ragioni sconosciute, è sparita la platea triestina. Ma certo la flessione ha rappresentato un qualcosa di doloroso e ora mi chiedo se il mio "fare cultura" non si sia scollato da ciò che il pubblico insegue oggi. Se la tendenza è seguire le nefandezze, le furberie pubblicitarie, i personaggi trionfanti che sono dei poveracci, io non intendo piegarmi a questa logica. Credo che fare cultura non equivalga a dare il pubblico in pasto a ciò che chiede, ma di portarlo a crescere....Io voglio che il pubblico si innamori delle cose che amo. E siccome il rapporto tra un direttore artistico e il suo pubblico è un rapporto che dalla committenza arriva per fiducia, e non per concorso, fintanto che resta la fiducia e le cose vanno bene si resta, altrimenti si va via. Non devo fare il segretario della platea: per questo non occorre un direttore artistico, può farlo qualsiasi agenzia, basta alzare la cornetta. Io non ci sto: sono pagato per fare un progetto culturale e non per fare la segreteria".
Credo che quanto detto si commenti da solo. Personalmente condivido molto di quello che il direttore ha detto, tra cui che Monfalcone è una piccola città e come tale va presa e soddisfatta. Credo che al di là della bontà di ogni progetto culturale, il pubblico di una piccola città vada favorito anche con cose di taglio popolare, ovvio che ciò c'entra molto poco con il fare cultura, sia chiaro. Non posso dare soluzioni a de Incontrera, perchè il problema che pone non ha una connotazione precisa, trovando le proprie radici nella trasformazione di una società intera di fronte all'imperversare della televisone e delle mode. Personalmente mi spiace che de Incontrera non resti alla guida del teatro, a lui devo alcuni concerti splendidi e soprattutto il merito di aver portato Steve Reich a Monfalcone. Credo però anche che dalle sue parole emerga il desiderio di lasciare il suo incarico e, quindi, che in tal senso vada lasciato seguire la sua strada. Spero, comunque sia, che si voglia realmente affrontare i problemi correlati al fare cultura in città e di non trovarmi, come spesso succede, di fronte ad una situazione che insegue la massima de Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa del "cambiare tutto per non cambiare nulla".
Per quanto mi riguarda associerò sempre il nome di Carlo de Incontrera a quello di Miela Reina, colei che ritengo l'artista più importante che questa regione abbia proposto negli ultimi cinquant'anni. Lei era pittrice, artista pop, scenografa e contemporaneamente insegnante, il che non è meno importante nella sua vicenda umana e artistica. De Incontrera ha condiviso con lei e altri una stagione entusiasmante nella Trieste della fine degli Anni '60 (va ricordata almeno l'operazione musicale del Liebslied, con Carlo de Incontrera come compositore e ideatore, Miela Reina come scenografa e Emilio Isgrò come librettista). Miela Reina muore nel 1972 a soli 37 anni, dopo le esperienze con la Galleria la Cavana a Trieste e con la sezione di arti visive di Arte Viva, lasciando un vuoto artistico importante in quegli anni). Io ho conosciuto l'arte di Miela nel 1983 durante un'antologica allestita a Monfalcone presso la allora Sala Roma. Mi sono innamorato dei suoi lavori, quelli più pop in particolare, quelli che sapevano contaminare l'arte cosidetta "maggiore" con quella sequenziale e applicata. Per lei il fumetto non era un espressione sconosciuta e alcuni suoi lavori quali Cenerentola e Storie elisabettiane lo dimostrano. Io ho avuto modo di parlare con de Incontrera alcune volte, per telefono perlopiù, durante la preparazione di una mostra che ho curato per ARTeFUMETTO nel 2004.

La mostra intendeva esporre in forma di collettiva, ma di fatto realizzando quasi tre personali a confronto, i lavori di Nicoletta Costa, artista triestina, tra le più conosciute nel mondo dell'illustrazione per ragazzi (Giulio coniglio, la nuvola Olga ecc.), quelli di Sara Not, altra illustratrice triestina (Valentina, le Superamiche) e appunto Miela. De Incontrera fu molto gentile, mi mise in contatto con gli eredi delle opere di Miela. Al tempo mi parve persona consapevole, altera, molto preso dai suoi impegni e dal suo lavoro. Mi parve poco disposto a guardare al passato e molto al futuro. Non ci fu di grande aiuto materiale, ma allo stesso tempo fu determinante. Per quell'esposizione io e Fabio riuscimmo a farci prestare le tavole de la Cenerentola, le Storie elisabettiane, alcuni disegni di Blow up, tra cui uno che raffigurando un primo piano stilizzato di un ragazza di nome Bella, diceva: "Bella da vicino! Bella alla distanza di un bacio!", che mi straziò veramente e divenne una parte del manifesto della mostra. Oltre a queste due grandi quadri pittorici, dal titolo Arte maggiore, del 1971.

Questi quadri divennero il "la", per il senso che la mostra doveva avere. Rompere i confini, rappresentare nelle stesse sale arte cosidetta "maggiore" e quella cosidetta "minore", quale il fumetto e l'illustrazione per ragazzi, alcuni anni fa era ancora considerata (credo che al di là dei battage pubblicitari lo sia ancora oggi, dai più). Quell'intendimento divenne poi il vero fulcro scatenante dell'attività di ARTeFUMETTO. Le tavole "fumettate" di Miela vennero allestite tra i suoi quadri Arte maggiore e preceduti da una sua foto con lei che tiene tra le dita di una mano un miniquadro dal titolo Arte minore. La mostra si intitolò: Credi ancora ai luoghi comuni? e durò nonostante le fatiche prodotte per allestirla (dovendosi usare quelle sale per ospitare un evento "politicamente" più interessante) soltanto 6 giorni. Le presenze furono di 550 persone di cui oltre 250 presenti all'inaugurazione. Ricordo Nicoletta Costa ricevere da una bimba, innamorata dei suoi lavori, un mazzo di fiori; rcordo Sara che dovendo parlare di fronte alla gente presente seppe soltanto dire: "Mi piace molto la borsa di Nicoletta Costa!"; ricordo che la sorella di Miela Reina ci ringraziò molto e questo mi fece veramente piacere, dando un senso al nostro lavoro.
Quello che voglio dire ora è che in quell'occasione credo si fece cultura e al contempo si percepì la gente, il pubblico come vicino. Sembrava un'iniziativa sospesa, di cui restano poche fotografie, tra cui quella qui sotto, con Sara e gli amici di sempre. Era il tentativo di dire qualcosa senza la pretesa di cambiare le persone, senza la pretesa di inseguire arabe fenici le cui ceneri sono svanite da tempo. E' stata la mostra più significativa fatta da ARTeFUMETTO finora, indipendentemente da cosa ne pensino gli altri.