domenica 23 maggio 2010

Uno sguardo sul fumetto

Mi si è più volte rimproverato di non dedicarmi a sufficienza in questo spazio on-line a quella che è una delle mie passioni principali: il fumetto. E' vero. Guardando i post precedenti mi sono reso conto che non parlo di fumetto in maniera esplicita da molto. La realtà è che non ho molto da dire. Quando con ARTeFUMETTO ci eravamo messi ad organizzare delle cose legate all'arte sequenziale, appariva evidente come il fumetto passasse ai margini della cultura italiana (in Francia o Belgio era ed è sicuramente un'altra cosa), sia da un punto di vista pratico, sia mediatico. Dal 2002 ad oggi sono cambiate molte cose. Di fumetto si parla ovunque: il cinema ne ha abusato (almeno di certo fumetto, specie supereroistico), le case editrici di genere e i quotidiani ne hanno consacrato l'importanza almeno sul piano mediatico (vedi gli allegati continui, le serie, gli articoli anche impropri nelle pagine culturali). Pariteticamente anche il mercato dell'arte si è accorto che il fumetto (gli originali a fumetto, ma anche certi albi storici) possono risultare fonte inaspettata di guadagno facile. Diciamo che il ruolo promozionale che l'associazione da me fondata nel 2002 aveva all'inizio è venuto con il tempo in parte meno.
Vanno messi però alcuni puntini sulle "i". La prima considerazione è senza dubbio che le case editrici, ecc. hanno strumentalizzato non poco il fumetto, a fini prettamente commerciali. Ecco che la diffusione è correlata ormai esclusivamente all'utile (che strano, vero?). Poi. Andando in giro per le fiere di settore mi pare che a fronte di molti appassionati veri, esistano molti "malati" di genere (lo dico con affetto nei loro confronti). Ecco che le fiere sono quindi l'occasione non per ritrovarsi e fare cultura, ma vere sedute terapeutiche di massa, nel tentativo da un lato di sopperire a qualche carenza personale, dall'altro occasioni per superare le noie del tempo che passa (...non più giovani siamo). Inoltre, le case editrici di genere, che di "fumetto" vivono, tendono ad osare ben poco, perlopiù ristampando, girando il mestolo nello stesso calderone, limitando i danni più che cercando nuovi spazi. Ci sono anche editori bravi, spesso però un pò troppo ottimisti nel dare spazio ad autori a volte non ancora maturi, volendone verificarne la presa sul pubblico o volendo semplicemente determinare una continuità alle loro collane. Risultato: i librai di genere (i titolari delle fumetterie) alla seconda uscita non sono più disposti a puntare su autori anche bravini, ma che determinano magazzini e invenduti. Fine di una carriera. Sul piano della ricerca vale quindi ormai la politica "meglio tanto e di continuo" che "poco e ben fatto": ovvero meglio pubblicare una barca di titoli, a prezzi di vendita anche impegnativi, per produrre un utile che si dilata su un territorio vasto, invece che puntare su autori nuovi facendoli crescere.
Altro aspetto è la stampa di settore, i gruppi di settore: sono tutti circoli chiusi fatti da gruppi di autori che sono anche gruppi di "ascolto", circoli privati, nei quali l'autore "nuovo" entra a fatica.
E poi spendiamo anche due parole sugli autori "nuovi" o "usurati" dalla frustrazione di essere dopo anni ancora considerati "nuovi". Se vai in giro, alle fiere, alle mostre, è veramente un continuo cercarsi: uno scrive un fumettino, gli amici gli dicono bravo, al che l'idea sembra buona e quindi questo fumettino trova un seguito, lo fai vedere alle case editrici, ai responsabili di queste, che ti dicono fai questo e fai quello, ma una richiesta di cambiamento appare ingiusta, e "sono loro che non capiscono", ecc., e così ci si crede ancora più forte, anche se la prima prova era una cosa piena di errori editoriali e tecnici, e si fanno le spillette, le magliette, le litografie e i pupazzetti (che veniamo tutti da quel mondo lì, quello degli anni '80) e almeno il garget va bene, ecc.. E' questa la fine, vera del fumetto. Quello della crescita lenta, dell'apprendistato per due lire negli studi, presso i maestri, del lavoro faticoso (oddio che parola ingrata!), delle pagine che si buttano via anche se ci hai perso la vista, solo perchè fanno pena a guardarsi. Tutti invece attorno ad un tavolo a dirsi: "Bella questa! Che figo! Che bravo! Sei un grande!" E via così verso un futuro da metalmeccanico.
Infine, le mostre e gli incontri. Le mostre di fumetto sembrano a molti inutili; che senso ha far vedere tavole originali, tanto oggi si va a tavoletta grafica, che l'originale non c'è più, ecc. E quindi non sai nemmeno bene cosa allestire: forse un dipinto, una trovata, non la tavola sporca di china e colore. Gli eventi, gli incontri diventano poi le sedi del già sentito: che bravi che siamo, stiamo pubblicando il meglio, abbiamo qui l'autore più grande. ECC. ECC.
A me il fumetto piace. Diciamo che sono un pò stufo di alcune case editrici, sicuramente stufo dei gestori delle fumetterie (vecchi "nerd", accompagnati da giovani "nerd"). Diciamo che le fiere mi stanno deludendo e gli eventi correlati pure. Diciamo che le mostre perlopiù mi sembrano mal fatte, poco attente al "racconto" (oppure all' originale a fumetti visto come opera d'arte) e troppo attente invece a ricondurre il fumetto al baraccone dell'arte contemporanea. Diciamo che nelle case editrici vedo troppo immobilismo, anche in quelle che sembrano muoversi un sacco (le major specialmente).
Va detto inoltre che i ruoli territoriali sono importanti e certi campanilismi dominano inevitabilmente. Diciamo infine che la parola graphic novel mi sta parecchio sulle scatole e che le tirature patinate che pretendono sempre di trasformare oggetti di consumo in opere librarie sono stucchevoli: è come rifarsi le labbra, come rifarsi il seno; la carta opaca che invecchia, che prende l'odore è autentica, è onesta nella sua povertà.
Ne penso molte altre di cose così, ma alfine rischio di apparire un vecchio astioso e contrariato, mentre a tutto questo mondo, con le sue bassezze, non riesco ancora a rinunciare.

A chi mi chiede cosa leggo ora, rispondo con dieci titoli o poco più (in ordine sparso e non di preferenza), che leggendo mi sono piaciuti, alcuni nuovi, alcuni riscoperti dopo aver visto le tavole originali a qualche mostra, dopo averci lasciato gli occhi su quelle tavole.
Ecco qui.
- Il gusto del cloro, di Bastien Vivés;
- Dans mes yeux, di Bastien Vivés (solo in Francia, ma uscirà credo anche in Italia)
- Superspy, di Matt Kindt (gli originali visti a Lucca nel novembre 2009 erano favolosi);
- Vitesse Moderne, di Blutch (solo in Francia, e di lui anche Mitchum, raccolta di lavori di cui alcuni usciti anche in Italia: il suo segno mi travolge);
- Il fotografo, di Guibert, Lefèvre, Lemercier (ristampato da Coconino in un bel libro. Guibert, conosciuto a Bologna a marzo 2010 è un disegnatore enorme, così tanto che le tavole nel volume non gli rendono merito);
- Il grande male, di David B (autore un pò troppo intellettuale per i miei gusti, ma che la mostra al BilBolBul 2010 mi ha fatto rivalutare per l'immensa ricerca linguistica tradotta nelle tavole);
- Macanudo, di Liniers (sono strisce ironiche, amare, sospese, innovative: magnifico ed enorme);
- La signorina Else, di Manuele Fior (una trasposizione da Arthur Schnitzler, precisa e graficamente ricercata);
- La porta di Sion, Walter Chendi (buon fumetto d'autore, disegno raffinato e racconto preciso);
- Jimmy Corrigan. il ragazzo più in gamba sulla terra, di Chris Ware (intellettuale oltremodo, ma preciso, un macchina oliata, resa con una grafia "a levare");
- Criminal, di Ed Brubaker e Sam Phillips (quattro volumi usciti in Italia, dove specie il primo, il terzo e il quarto sono piccoli capolavori narrativi e disegnati: vero fumetto contemporaneo);
- Perchè ho ucciso Pierre?, di Olivier Ka e Alfred (autobiografia per una vicenda personale controversa);
- RG, di Pierre Dragon e Frederik Peeters (Peeters è un grande del fumetto, la storia e i disegni sono meravigliosi, infatti Rizzoli ha scelto di non far uscire la seconda parte);
- Atomic Robot, di Brian Clevinger e Scott Wegener (fumetto puro, azione, ma anche invenzione);
- Caravan, di Michele Medda e vari (tentativo di reinventare il fumetto in casa Bonelli, un pò troppo "pace e bene", un finale strambo, capibile, perchè giudicato, credo, anche dall'autore come secondario all'interezza dei 12 albi che compongono la serie, un fumetto meritevole);
- Pluto, di Naoki Urasawa (dopo il capolavoro Monster, ancora un gran bel "manga").
(nella foto David B, Emmanuel Guibert, Leila Marzocchi e Igort a Bologna, marzo 2010)