mercoledì 14 luglio 2010

Novecento che rimane

La notizia, in sintesi: "Trieste, 13 luglio 2010. Stretta di mano storica tra i presidenti delle Repubbliche italiana, Giorgio Napolitano, slovena, Danilo Turk, e croata, Ivo Josipovic, nell’occasione del concerto “Le vie dell’amicizia”, promosso e diretto da Riccardo Muti in piazza Unità d’Italia quale evento conclusivo del Ravenna Festival 2010. Insieme i tre, prima del concerto, hanno deposto due corone d’alloro in due luoghi simbolo della memoria comune: l’edificio dell’ex hotel Balkan, oggi sede universitaria, che ospitava il Narodni Dom, la Casa del Popolo degli sloveni, assaltata e incendiata il 13 luglio 1920 dalle squadre di azione fascista e divenuta da allora emblema della persecuzione fascista contro gli sloveni; e ilmonumento all’Esodo eretto in piazza Libertà, in ricordo dei 350 mila esuli italiani costretti a lasciare l’Istria, Fiume e la Dalmazia dopo la Seconda guerra mondiale, dopo l'assegnazione alla Repubblica Jugoslava".
Bene! Tutto giusto, tutto perfetto, tutto maestosamente storico!
La storia contemporanea, che a queste latitudini passa ancora per la memoria. Una memoria che non trova pace, che passa dai nonni ai padri e dai padri ai figli. Una menoria che scava sempre negli angoli bui delle cose, incapace di vivere l'oggi senza pensare al ieri. Una memoria che a volte si ricorda del domani, ma preferisce girarsi velocemente per la paura di venirne cambiata, nell'accorgersi che il "domani" ormai parla poco la lingua del "ieri". E' una memoria che ha paura e che oggi posso dire ha proprio rotto le palle!

Conosco la storia, l'ho studiata e, vivendo qui al confine, l'ho indirettamente vissuta nelle vicende degli ultimi decenni. Capisco il dolore di tutti; capisco le ragioni di tutti, specie quelle dei nonni o forse dei padri. Capisco meno quelle dei figli. Conosco i torti subiti e le tragedie provate e condivido le accuse, condivido tutto. Di quei torti me ne faccio anche carico per la parte che mi compete, se per caso la storia crede mi debba considerare in qualche modo o forma colpevole. La storia non si cambia. Il problema è che non si cambiano nemmeno le menti, allorché queste sono fatte di piombo. Siamo, nel guardarci indietro, sempre pronti a scambiare piombo con il piombo. Ma se il piombo è qui nelle teste?
Credo che basti, che ognuno abbia dato (chi più chi meno certo, ma non possiamo farne sempre e solo un problema di principi, visto che "il solido" non sarà mai restituito, sia esso case, sia corpi, sia affetti, sia terra). Credo che la memoria e la storia e il ricordo e le paure e tutto quanto si riesca ancora ad elencare, possa essere messo da parte. Una pietra sopra, vi prego, a questo Novecento che non smette di torturarci, che ci sottrae la vita e la serenità, offrendoci in cambio solo parole già dette.
(la foto l'ho scattata a Trieste nel gennaio 2007. E' una piazza Unità vuota, come lo è spesso, ma capace di riempirsi in passato per il passaggio della storia, oppure di riempirsi oggi per rimasticare le angosce del passato)