sabato 28 agosto 2010

Confronti e autoscatti

Se c'è una persona che ha saputo con il suo disegno aprirmi la strada a quella che ancora oggi è una delle mie più grandi passioni, è certamente Giorgio Cavazzano.
Ebbi riscontro da un giornaletto trovato in soffitta che la prima lettura che feci delle sue storie sul settimanale Topolino risale al 1972. Lo testimonia un giornaletto dedicatomi in copertina a biro da mio nonno: è un ricordo nel ricordo, che tengo tra le cose più care. Per uno di quei strani casi della vita vi era all'interno la prima pubblicazione della storia di Rodolfo Cimino e Giorgio Cavazzano, Paperino e l'avventura sottomarina, con l'apparizione nel mondo Disney di Reginella. Probabilmente era destino che il fumetto e in particolare quell'autore si vincolassero a me, temo, per sempre.
Ho seguito con continuità, da allora, prima inconsciamente e poi consciamente l'attività dell'autore veneziano. Nel 1995 ho avuto l'occasione di conoscerlo per la prima volta: mi parve allora di vedere la Madonna! Nello stesso giorno conobbi Magnus e Moebius e fu quella forse la giornata più importante, fumettisticamente parlando, della mia vita. Nel 2003 a Giorgio dedicai con ARTeFUMETTO anche una mostra, a Monfalcone. Ho sempre collezionato e frequentato i suoi fumetti e le sue mostre.

Ieri, 27 agosto, si inaugurava, Tutto Cavazzano, una mostra che Mirano, la sua città di adozione, gli dedica fino al 19 ottobre. Organizzata dal comune e curata tra gli altri anche dal figlio di Giorgio è sicuramente uno delle pù importanti mostre regalate all'arte dell'autore. Essa è allestita nel parco di Mirano, negli edifici di villa Giustinian Morosini, della Barchessa e del Castelletto. Sono 420 pezzi in mostra, con molte curiosità, anche per me che ho molto frequentato negli anni l'arte di Cavazzano. Non potevo mancare alla cosa; andare da Giorgio è rendere omaggio alla sua arte, ma anche alla mia infanzia e alle mie passioni. E' per me una scoperta continua nel flusso dei ricordi. Quando rivedo Giorgio, in queste occasioni, lo ritrovo inevitabilmente invecchiato e rivedo all'istante gli anni che passano anche per me. E' diventato il suo lavoro quasi uno specchio della mia crescita da bambino ad adulto e, quindi, se entrambi avremo fortuna, a vecchio.
A presentare la serata era venuto, per l'occasione direttamente da Roma, anche Vincenzo Mollica, il giornalista che ha il merito di aver sostenuto da quasi tren'anni a questa parte l'arte del fumetto in Italia, dandogli anche una possibilità mediatica, attraverso le pubblicazioni e la televisione. Mollica l'avevo conosciuto già a Roma nel 2005. E' stato allora uno sfiorarsi in occasione di una mostra dedicata ad Andrea Pazienza. Con il beneficio dell'essere uno sconosciuto ho scambiato ieri con lui alcune chiacchiere. Nel parlargli così da vicino mi è passato un piccolo brivido lungo la schiena. Lo so è una cosa stupida, ma in quel frangente non riuscivo a dimenticare tutte le persone con il quale il giornalista aveva avuto modo di intrattenersi e di confrontarsi nella sua carriera. Mi sono reso conto, in quel momento, della sua, forse inconsapevole, responsabilità di chi si porta dietro un bagaglio testimoniale immenso, che difficilmente potrà, anche se ne troverà il tempo, riversare a terzi e che quindi sarà inevitabilmente in parte perduto. Per lunghi periodi Mollica ha frequentato e viaggiato con Federico Fellini, Hugo Pratt, Fabrizio De Andrè, Andrea Pazienza, Alda Merini: e credo possa bastare. Non per avergli garantito di diventare anche solo un decimo di quanto essi furono, ma, come dissi, per la memoria di quelli che si porta dietro. Queste cose ho avuto modo di dirle brevemente a Mollica. Poi mi è venuta la voglia di avere una foto con lui, quasi mi aspettassi apparissero nella foto anche le auree mitiche di quanti lui ha conosciuto. Un ragazzo mi ha chiesto se desideravo ci scattasse la foto. Gli ho risposto che preferivo farmi un autoscatto, per la sua genuinità, perchè mi pareva rendesse la cosa più personale. Mollica mi ha confidato: "Anch'io faccio sempre così!" Si è creato un attimo di simpatia tra di noi e un bel ricordo.
Poco dopo anche Giorgio mi ha riconosciuto; mi ha regalato una carezza vedendomi lì, venuto da lontano. Mi ha reso contento. Ci siamo fatti un autoscatto mentre si rideva delle cazzate che la gente e noi stessi si diceva in quel momento.
Ho conosciuto più tardi anche Alessandro Zemolin, l'inchiostratore storico di Cavazzano e suo vero alter-ego. Ho scambiato con lui alcune considerazioni. Si è parlato di come il segno di Giorgio risultasse sempre più lineare, più pulito nel tempo, alla ricerca di una sintesi sempre più evidente. Zemolin mi ha risposto una cosa strana, che non era riferita a Giorgio, ma più generica e interessante. Più o meno: "E' un mondo che va verso la sparizione!" Mi ha portato a riflettere.
Durante la presentazione della mostra Cavazzano era molto emozionato, la voce anche un pò rotta quando ha ringraziato e presentato il figlio. Mollica ha ricordato come avendogli Cavazzano regalato un alter-ego nel mondo Disney, Vincenzo Paperica, abbia lasciato detto di volere sulla propria lapide non una foto, ma quella di Paperica, con sotto scritto: "A Vincenzo Paperica, che tra gli umani fu Mollica".
Bene. Bella serata. Venata da alcuni momenti, come vi sarete resi conto, di nostalgia. Rivedo ora gli autoscatti fatti. Mi rivedo da fuori, in questi momenti di malinconica serenità. Mi serviranno, allorchè ne seguissero altri che forse potrebbero esserlo meno.

giovedì 26 agosto 2010

Piccole scatole emozionali n.5

L'appartamento della Grotta nel giardino di Palazzo Te di Giulio Romano a Mantova (1530): un esempio di decorazione parietale dell'intonaco. La grandezza artistica nella visione costruttiva dei nostri avi.

mercoledì 18 agosto 2010

Distrazioni ingiustificate

Quanto Cossiga si legge e si ascolta da queste parti, quanto passato; mentre basta girarsi appena e si scorgono otto milioni di pakistani in pericolo di morte.
Ma il giardino del vicino è sempre un pò più verde soltanto quando è verde, mentre in tale caso ha il colore marrone dell'acqua alluvionale.
Come sempre stiamo ad una finestra che diventa giorno dopo giorno sempre più esile.

sabato 14 agosto 2010

Le vacanze

Vi ho lasciato il giorno 3 agosto mentre facevo le valigie e mi ritrovo qui oggi a disfarle. Sono passati 11 giorni e mi pare al contempo uno spazio brevissimo e lunghissimo. Quest'anno sono stato in Svizzera, il cantone francese, Ginevra, il Vaud e poi fino a Basilea. Credo di aver accumulato una quantità di stimoli da poter occupare parecchi dei prossimi post. Vedremo se sarà così. Per ora voglio farvi una piccola sintesi del mio viaggio, come fosse una premessa per capire quanto scriverò prossimamente.
La sera del 3 agosto, valigie completate, decido di andare a sentire Patti Smith che canta a Grado. Già il fatto che il concerto sia qui a pochi chilometri da casa mi pare un buon motivo. Lo sarebbe anche solo per dare coraggio "economico" a chi organizza queste cose in queste terre sempre un pò ai margini delle cose. Il concerto comincia alle nove, c'è un temporale in arrivo e circa mezz'ora prima, mentre ascolto da lontano suonare un cantautore tarvisiano che ha il compito di aprire la serata, sto appollaiato sul muretto della diga, parlacchiando con Alessia del diluvio universale che credo sarebbe scoppiato fra poco. Vedo passarmi accanto Lenny Kay, il chitarrista storico di Patti Smith: lo riconosco dai cappelli lunghi e bianchi. Al suo fianco, con una maglietta con disegnato un teschio, la solita giacca lunga e abbondante e i soliti stivali, se ne sta Patti. Ci passa accanto, a circa due metri, si ferma a contemplare la spiaggia e il mare, a guardare il temporale che arriva. Si toglie gli stivali e anche Kay lo fa, poi scendono lungo l'arenile, camminano nell'acqua, si scattano delle foto tra loro.
Nessuno li riconosce e io e Alessia li guardiamo e decidiamo di continuare a fare gli spettatori e di non rovinare quel momento privato per chiedere una foto o un autografo come in realtà avrei la tentazione assoluta di fare. Scatto qualche foto al volo e mi piacciono così, per come sono venute, imperfette, sgranate, perché rendono bene la tenerezza di quel momento di due vecchi adulti bambini che giocano con amicizia tra loro (qui una foto in allegato).
Poi il concerto, imperfetto, con la pioggia che è lì per venire giù, ma non viene; con gli strumenti che non vanno e lei vecchia e scatenata e trascurata come sempre saluta e si sgola: un mito per me.

Poi il giorno dopo si parte, presto. Si visita il castello di Fenis, poi si raggiunge Aosta. Si visita un pò il centro che non avevo mai visto. Il giorno dopo, prima di partire vado al chiostro della Collegiata dei Santi Pietro e Orso. Qui convinco un architetto della Soprintendenza della regione Valle d'Aosta a farmi visitare gli affreschi ottoniani dell'anno 1000 d.c., nascosti nel sottotetto della navata della chiesa. Poi il traforo del Monte Bianco, Courmayer e poi Ginevra. Si dorme a Gex, in Francia. Il giorno dopo siamo a Losanna: il centro, la mostra di Zep, il disegnatore di Titeuf (un pò di fumetto ci vuole sempre), Ouchy, il lago, il museo olimpico. Poi in macchina fino a Chexbres, lungo i vigneti del Lavaux. Quindi Vevey dove è sepolto Chaplin e dove non trovo la Villa de Lac di Le Courbusier. Poi di ritorno ci si ferma a Nyon e quindi di nuovo Gex. Il giorno dopo è per Ginevra: il centro, la cattedrale, il palazzo dell'ONU, lo shopping. La sera, alle dieci, c'è la festa agostana di Ginevra, ci sono i fuochi d'artificio, bellissimi e lunghissimi sul lago, tra una folla immensa. Il giorno seguente siamo in viaggio, facciamo un casino per vedere la tomba di Audrey Hepburn a Tolochenaz. La troviamo per miracolo, grazie ad un ragazzo di Brescia. E' un luogo misero e al contempo bellissimo per l'umiltà che ne traspare (qui l'esterno del cimitero).

A mezzogiorno siamo a Yverdon-les-Bains visitiamo l'area che nel 2002 fu dell'Expo. Poi raggiungiamo l'area dei menhir: quasi una piccola Stonehenge. Poi ancora in viaggio fino a Neuchàtel, quindi fino a Basilea. Quando arrivo, parcheggio e attraverso, per raggiungere a piedi l'albergo, un piccolo parco vicino l'Università. E' domenica, sento un tango suonare e vedo quindi della gente imparare a ballare sotto un portico, così, in maniera privata, poetica. E' una scena di una pace assoluta. Penso, in quel momento, che passerò tutte le ore che dedicheremo a Basilea in quel parco, invece poi non ci tornerò più. La sera giriamo il centro con un silenzio irreale: è bellissimo.
Il giorno dopo sconfiniamo in Germania, visitiamo il Vitra, con il museo di Frank Gehry, il padiglioncino di Tadao Ando e lo shop della Vitra di Herzog & de Meuron. Poi si va alla Fondation Beyeler, progettata da Renzo Piano, che ospita tra l'altro una mostra incredibile di Basquiat: qui vedo l'uomo che cammina di Giacometti e ne resto incantato. Poi si gira in centro con le viette, i negozietti, la bellissima cattedrale. La sera mangiamo in Francia, in una brasserie, costa molto meno ed è a cinque chilometri soltanto dall'albergo.
Il giorno dopo visito il Kunstmuseum con l'impressionante carrellata di opere antiche e moderne: resto affascinato da un quadro di Lucas Cranach del 1500 e dall'Isola dei morti di Arnold Bòcklin. Poi vado al museo Tinguely di Mario Botta e mi lascio impressionare dalle fantasie robotiche dell'artista svizzero. Il pomeriggio vado alla Shaulager, di Herzog & de Meuron dove c'è la personale di Mattew Barney: gli spazi sono impressionanti, il minimalismo si sposa ad un gusto per la materia e per il particolare che mi entusiasma. Poi si torna in centro, prima vado a Sant Alban e quindi mi metto a disegnare in un giardino davanti al Reno: della gente si lancia nelle acque con delle boe gonfiabili, sono dei pazzi, ma sono molti.
La mattina riprendiamo l'autostrada verso Berna. Visitiamo il Centro Paul Klee di Renzo Piano. Qui c'è una mostra sull'evoluzione artistica di Picasso e Klee messe a confronto. Vedo quadri mai visti prima, specie di Klee e ne capisco solo in questa occasione la totale e assoluta grandezza. Scendiamo a Berna: il centro storico è splendido, saliamo sino al Kunstmuseum, che ospita anche il museo Albert Einstein. Scendiamo verso l'Italia, dormiamo in montagna a Panex, vicino a Villars, nella dependance di due vecchi sessantottini svizzero-italo-francesi, spannati come pochi. Si sta bene, è alta montagna, l'aria è freschissima: la sera alcuni cerbiatti ci tagliano la strada.
La mattina dopo andiamo a visitare il castello di Chillon e riviviamo un pò il mito romantico di Byron: è una visita lunghissima, ma molto didattica. Poi andiamo a mangiare a Montreux, visitiamo gli shop con le tracce passate di uno dei luoghi dedicati al jazz più famosi al mondo. E' strano, ma sul lungo lago capeggia solo la statua di Freddy Mercury dei Queen. Potrei comprare un cappellino autografato dal cantante per soli 1250 franchi svizzeri!! Le ore successive sono dedicate alla fine di un viaggio, al relax sul lago Lemano: Alessia legge un libro di Simenon e io disegno i passanti di fronte ad un the caldo. Poi verso pomeriggio tardo ci rimettiamo in auto e attraverso il traforo del Gran San Bernardo torniamo ad Aosta. E' sera tardi e decidiamo di dormire qui.
Il giorno successivo ci rimettiamo in auto con calma fino a Monfalcone, ci fermiamo qua e là, ce la prendiamo comoda. La sera siamo a casa e si decide di andare a Trieste a vedere il concerto dei Morcheeba in Piazza Unità. Il concerto, dedicato perlopiù all'ultimo lavoro Blood Like Limonade, è travolgente. Skye è bellissima con un vestito che non capisci se venuto fuori da un atelier italiano o da un mercato africano: molto optical-art direi. Dopo il concerto scambiamo alcune parole con Ross Godfrey, il chitarrista, più interessato a trovare da fumare che alla gente con cui parla.
Basta, finisce qui, passate le ferie, come dicevo brevissime. Meno male, altrimenti sarei morto!!

martedì 3 agosto 2010

Democrazia intellettuale

Si vede subito quando uno Stato è garantito da editori lungimiranti e intelligenti.
Se sfogliate i giornali in questi giorni, vi trovate una simpatica pubblicità promossa dalla FIEG, Federazione Italiana Editori Giornali, che capeggia a piene pagine e a colori. Lo slogan è: "Giornali, quotidiani e periodici: il miglior modo per non rimanere senza parole: Se leggi puoi svagarti con quello che ti piace, arricchirti con quello che ti interessa e informarti con quello che non sai. Perché tutte le persone parlano di cose e saperle è meglio che non saperle". L'immagine presenta invece quattro belle signore e ragazze intente a farsi un aperitivo in qualche bar cool della città, arredato con un design fashion, e che probabilmente stanno pure ascoltando della simpatica lounge music. Tre di loro sono vestite con abiti estivi, tacchi 11, pantaloni o veste lunga, e tutti i tessuti portano stampate scritte e parole in contrasto. Una quarta ragazza è vestita delle sole mutandine che portano stampate in nero la scritta: "Eh?". Tiene le braccia chiuse sul petto a coprirlo. E' scalza. Ed in evidente imbarazzo, mentre le altre tre ridono, sentendosi a perfetto loro agio. Sull'immagine capeggia la scritta: "Chi legge, si vede.".
Fermo restando che chi legge si dovrebbe forse "ascoltare" o "leggere" a sua volta e non necessariamente "vedere", e fermo restando che non è vero che le cose è sempre meglio saperle che non saperle e che se proprio devo saperle sarebbe interessante che la cosa avesse senso a livello personale e non come pettegolezzo da spiaggia o, appunto, da bar; fermo restando ciò, credo che scelta pubblicitaria peggiore non si poteva fare per promuovere la lettura quale esperienza di formazione culturale. La cosa che secca è proprio la scelta di rappresentare un mondo di lettori (superficiali o no non ci è dato di sapere) o, potremmo forse osare, di presunti intellettuali (o, come è di moda oggi, spacciatisi tali), che beatamente se la ridono a scapito di chi, per vicende personali, per scelta o forse per problemi anche economici (che ne so magari perché lavora tutto il giorno) di leggere non solo non ha il tempo, ma nemmeno la voglia. Io credo che questa pubblicità "innocente" rappresenti bene l'intellighenzia contemporanea e di certo la cultura della classe editoriale tutta. La rappresenta per snobbismo, per attaccamento all'immagine e a certi modelli di vita, per mancanza assoluta di visione pragmatica delle cose e soprattutto per mancanza assoluta di contenuti veri. La rappresenta, inoltre, per totale mancanza di senso democratico, specialmente a livello psicologico e naturalmente etico.
Così mentre mi preparo a partire per le ferie estive (le classiche ferie agostane che il mondo del lavoro italiano ha deciso risultino essere l'unica forma e maniera possibile, garantendo speculazioni per le concentrazioni di richieste e movimenti che si producono in queste giornate e garantendo di fatto a tutti solo un mare di sbattimenti continui invece che un sano divertimento (a tale proposito ho finalmente capito che anche gli architetti fanno parte, involontariamente e di fatto, del contratto collettivo dei metalmeccanici e che quindi anche noi in ferie ad agosto o morte)), mentre butto alla rinfusa oggetti dentro una valigia, decido di non portarmi dietro nessun libro. Così facendo non leggerò nemmeno una riga e potrò rinunciare a sapere le cose, a parlare con le persone "per bene" di questo paese, a intrattenermi con i "migliori".
Buone vacanze a tutti!
P.S. Non leggetemi!