venerdì 3 giugno 2011

Cose che non mi piacciono

1° cosa: Venezia, 31 maggio 2011. A Punta della Dogana, nel museo d'arte contemporanea, gli studenti dello IUAV possono incontrare l'architetto giapponese Tadao Ando, uno dei maestri contemporanei, che proprio gli spazi della Dogana ha restaurato alcuni anni orsono. Partecipo a questo incontro, nella speranza che vi sia uno scambio di comunicazioni tra il professionista Ando e gli studenti, che di esperienze formative oggi più che mai hanno bisogno. L'incontro si tradurrà nella semplice dedica da parte dell'architetto giapponese delle monografie pubblicate in Italia sulla sua opera. Nessuno degli studenti (parecchi in realtà) accenna nemmeno l'interesse a fare delle domande all'autore, assiepandosi invece alla cassa per acquistare volumi costosissimi da farsi autografare (che poi io alla loro età tutti sti denari che ora gli studenti tranquillamente ostentano mica li avevo). Anch'io infine compro un volumetto da 10,00 euro e mi faccio fare lo schizzo autografo. Ando è sempre stato un architetto che ho stimato molto, un vero punto di riferimento. Ho sempre adorato la spiritualità che traspare dietro quei suoi muri in cemento lisciato, dietro l'uso della luce naturale che penetra negli spazi e li definisce. Ho sempre adorato quest'uso del muro costruito come atto di separazione netta tra edificato e paesaggio e al contempo come elemento di unione per il rimando del tutto mentale a ciò che nasconde e con il quale cerca un'ideale continuità. Ando fa architettura vera e lo fa con strumenti fisici possenti, ma completamente depotenziati nella loro collocazione nel paesaggio. Mentre alcune ragazze lo fotografano come fosse un cosplayer, dicendo "che carino!!!", l'autore sviluppa le sue dediche quasi fossero il frutto di una catena di montaggio, consegnando a ciascuno abbia dinanzi un volume accompagnandolo con un sonoro "HI!". Molto scenografico, molto samurai, molto teatrale. Provo a rompere il ghiaccio e a dare un senso all'incontro. Chiedo al suo assistente e traduttore (austero, quanto simpatico) se posso fare una domanda al "maestro". Mi risponde in inglese con un secco: "Non penso proprio!". Mi arrendo e mi metto nelle retrovie del gruppo dei fans. Guardo Tadao Ando, che chiede all'assistente del bookshop di scartare tutti i volumi a disposizione nel punto vendita, perché vuole dedicarli tutti, indipendentemente se qualcuno li compri o meno. Penso al ritorno commerciale di quell'operazione, a come autografare quei volumi significhi renderne impossibile la resa al distributore, portare all'esaurimento una tiratura. Ando è lì con la sua spiritualità e la sua cultura a fare il venditore porta a porta. Nel guardarlo ancora, un attimo prima di uscire dalla sala e abbandonare il museo, penso che non voglio diventare così. Non sono un grande progettista e nemmeno sarò mai un'archistar, ma ho rispetto per il significato di una professione. Sento infine una ragazza dire: "Che figo! Fare soldi solo per fare degli scarabocchi!". Ecco, appunto!
2° cosa: Aprono nel centro cittadino della mia città, in pieno centro storico una sala da gioco (slot machine e simili), un piccolo casinò, come viene presentato. Per pubblicizzarne l'inaugurazione, i titolari mandano in strada una quindicina di ragazze in divisa blu attillata, minigonna e calze a rete; tutte ragazze slovene, giovanissime, che solo in parte conoscono l'italiano, che si muovono in gruppo, si fanno apostrofare dai passanti, ridono beate dell'atteggiamento dei ragazzi più giovani e dei vecchi bavosi (ma travestiti da signori borghesi, cordiali, che si danno nell'occasione al baciamano o alla battuta sopraffina). Se volete chiamarmi moralista, bene lo accetto, ma a me che queste ragazze godano di questa loro situazione e che ciò costituisca pure un motivo di lavoro, a pubblicizzare poi quello che niente è se non una pericolosa mania (il gioco), a me, da buon moralista non va giù. E che la gente ne provi consapevole entusiasmo, mi fa terrore.
3° cosa: Al TG1 di oggi (03 giugno) delle 13.30, una giornalista (donna), ha commentato, durante un servizio la possibile fuoriuscita dalla direzione de l'Unità di Concita de Gregorio, conseguentemente a dei presunti cali di vendita che il servizio sottolinea, richiamando anche alcune fonti. Nel farlo ha sottolineato che probabilmente saranno alcuni colleghi (uomini) a succederle, interrogandosi quindi: "Chi si accollerà ora l'onere di rimettere i pantaloni al l'Unità?". Ecco, le "quote rosa" appunto!
4° cosa: Non mi piace che tutte le parole, oggi, appaiano come parole al vento!

P.S. La foto di Ando me l'ha mandata uno studente, si chiama Antonio e, pur non conoscendolo per nulla, lo ringrazio. Inoltre. Oggi non avrei voluto parlare di tutto questo, ma ieri (2 giugno) era anche il trentesimo anniversario dalla morte in un incidente stradale di Rino Gaetano. Mi ricordo la tristezza immensa che provai da ragazzo, nel sentire la notizia, mentre in auto con i miei, tornando da Ravenna, ascoltavamo l'autoradio, all'altezza del ponte lagunare di Chioggia. Adoravo Rino Gaetano e lo ascolto ancora di continuo. Le sue sembravano parole al vento, surreali, inutili, e invece non lo erano per nulla.