sabato 19 maggio 2012

Sul pezzo

"Non sai che fuori ci sarà tra pochi minuti il sole. E' tutto ovattato nella tua stanza. Sei sveglia come si può essere svegli con aperto un occhio soltanto, ed è colpa del rumore delle tazzine che si scontrano in cucina, mentre qualcuno, che poi è sempre quel qualcuno, sta preparando la colazione. Ancora un pò di torpore, di questo piacevole assaporare la coperta, che in queste giornate che non sanno ancora d'estate fa piacere sentire calda sulla pelle fresca. Del mondo vedi solamente il chiarore che penetra dalla fessura della porta, che poi improvvisa quasi a richiamo si apre. Stringi le palpebre con forza, perché, dopo tanto buio, la luce di maggio ti appare invadente. La voce amica che ti aspettavi di sentire ti sollecita ad alzarti. Tu ti costringi a letto ancora un pò, quasi per abitudine, avendo in realtà il desiderio di saltare fuori dalle lenzuola e iniziare una nuova giornata. Pochi secondi e poi assecondi l'istinto. Sei rapida e i gesti meccanici, studiati alla perfezione perchè ogni spostamento sia ridotto al minimo: pantofole, bagno, pipì, rubinetto, acqua fresca, troppo fresca, ascelle, asciugamano, corse, vestiti, già pronti, già studiati, li indossi, perfetta. Ancora bagno, ti pettini, solo dopo la colazione, ti trucchi, ecco ora la colazione. Il caffelatte è tiepido, giusto giusto come ti piace; ci butti dentro dei biscotti, e poi apri lo yogurt; prima i biscotti con il cucchiaio, poi il liquido, e quindi lo yogurt, ai cereali. Blearch! Era meglio la fragola. E' tardi, dice la voce. Ancora bagno, ancora pettine, ancora trucco, poco poco sulle ciglia. Lo zaino già pronto al volo sulle spalle, mentre la voce dice, e allora! ci sei ?. Sì ci sono. Stai già correndo fuori, mentre senti la carezza delle labbra da cui veniva quella voce sulla nuca. Non ho tempo, mamma, vado. E sei fuori. La corriera è già lì, non ti aspetta, ma sai che non partirà prima di qualche minuto. Hai messo le lancette dell'orologino rosa che porti al polso di qualche minuto avanti proprio per questo. Sali, c'è ancora posto, che fortuna. La corriera parte e raccoglie per strada figure che conosci, con alcune di queste parli anche, del tempo, del mare che ti aspetterà tra qualche settimana, del messaggino di lui che ieri sera voleva farti sapere di esserci. Sono così belli quei trenta minuti in corriera quando non hai un'interrogazione o un tema ad aspettarti, e oggi è un giorno di questi. Sono un attimo quei trenta minuti e, ma tu non lo sai ancora, anche importanti, i migliori che potrai mai avere. La fermata ti viene incontro, le porte si aprono e la tua giovinezza travolge assieme a quella della compagna che tieni per mano l'intero marciapiede. Sorrisi, risolini, vedi laggiù la scuola, l'ingresso ormai vicino. Hai fretta di raggiungerlo e lo dici alla tua amica, perchè speri ci sia lì, oltre il cancello, anche lui ad aspettarti, a guardarti e chiedersi perché a quel messaggino non hai risposto, Il marciapiede dinanzi alla scuola non è ancora pieno, lo sarà tra poco; forse lui non ci sarà ancora e forse sarebbe meglio andare ai servizi e controllare ancora il trucco, e forse potrei anche accendermi una sigaretta, che qui ormai lo sanno in molti che lo sai fare, e forse la maglietta ti pare potrebbe stare meglio fuori dai jeans...e poi è un dolore strano, improvviso. Il sole non è poi così chiaro come credevi e l'ingresso non sta più davanti, ma alla tua destra, là in alto, e ora senti anche un sacco freddo e un ronzio forte e poi ancora più forte alle orecchie. Che scema, pensi, credevo di essere a scuola e invece non mi sono ancora alzata dal letto, altrimenti perché tanto buio; e questa è l'ultima cosa su cui rifletti. Poi non sai nemmeno tu. Quando arriva la voce a chiamarmi? A dirmi, su dai Melissa mia, alzati!"

Non so chi possa aver messo un corpo esplodente, oggi, a Brindisi, fuori da una scuola poco prima delle otto del mattino, quando le speranze e le aspettative sono così tante, che non riesci nemmeno a supporre che quel mattino potrebbe non conoscere la sua sera. Non so chi, ma di certo i suoi sogni, da oggi, si chiameranno incubi, perchè non posso neanche immaginare che quel qualcuno possa aver voluto realmente quella morte, quelle ferite. Nel caso la risposta risultiasse poi affermativa, mi chiedo: ma quanto stronzo può essere un essere umano!

Mi atterrisce il fatto grave, socialmente e civilmente preoccupante, e le ripercussioni sulla vita di noi tutti che esso potrà avere; ma il pensiero di quella ragazzina, di quei suoi minuti prima, del durante e del subito dopo, mi fa stare veramente troppo male.