giovedì 28 febbraio 2013

Piccole scatole emozionali n. 13

Una lavagna scritta con il gesso. Quel gesso che quando lo tieni in mano ti sporca e ti rende le dita fastidiose. La fatica per compilare una lavagna. Le braccia che ti fanno male dopo un pò che ci stai scrivendo. La consapevolezza che i tuoi pensieri trascritti durano solo un istante, poi basta uno straccio a cancellarli. E, più in fondo, il ricordo di te in piedi con venti persone dietro le spalle che ti guardano mentre tu cerchi di ricordare la formula per completare una funzione matematica; e ti rendi conto che no, proprio non la ricordi, e allora ti viene il dubbio che forse il liceo scientifico non sia proprio il posto migliore dove stare se quella funzione proprio non ti sovviene; allora guardi a destra e vedi la porta, poi guardi a sinistra e vedi un adulto che ti guarda e non pare imbarazzato, ma anzi un pò di sadismo il suo sorriso lo eplicita. Così, poni il gesso sul davanzalino in legno che sta alla base del "mare nero" e alzi le mani, arrendendoti. Una goccia di sudore bagna appena la tua fronte ampia, poi cade. Tra il distacco della goccia e il suo spalmarsi a terra un tratto di vita lungo trent'anni.