domenica 20 luglio 2014

Storie a fumetti

I "miei venticinque lettori" commentano a volte queste pagine chiedendomi di parlare ancora di fumetto e lamentandosi perché trascuro tale tema, relegandolo negli abissi di qualche post passato. E io, che non posso astrarmi dal ringraziarli, mi trovo quasi per caso a poterli accontentare. Volevo così parlarvi di tre storie a fumetti (graphic novel?) che in questi giorni mi stanno appassionando. Il periodo vacanziero ne aiuta la lettura. La prima storia a fumetti si intitola "Quanti ancora ne dovranno morire?", sceneggiato dal Consiglio dei ministri dell'Unione Europea e dalla Commissione UE e disegnato dai Ministeri agli Affari Esteri dei vari stati membri della UE stessa. Un fumetto autoprodotto, dalla trama avvincente. In breve. Ventotto paesi che costituiscono un Parlamento europeo se ne fregano per anni che vi sia coerenza tra le reciproche politiche estere e, in assenza di una figura forte a livello europeo, quale un Alto rappresentante per gli affari esteri, capace, indipendentemente dal suo nome, a fronte anche del proprio ruolo di vicepresidente della Commissione UE, di individuare atti significativi e promuovere leggi adeguate in materia, tenendo così a bada l'ingerenza dei singoli paesi in politica estera, preferiscono rimandare la nomina di quello a dopo le vacanze d'agosto (e la consegna dei ruoli a novembre), facendo gli struzzi dinanzi a centinaia di morti espressi dalle crisi internazionali mondiali. Parallelamente un uomo qualsiasi compra al mattino di ogni giorno qualunque il suo giornale o sintonizza la sua televisione sul telegiornale nazionale, e dinanzi all'uccisone di venti o trenta o cento palestinesi, di alcuni israeliani, di alcuni ucraini filonazionalisti, di qualche ucraino filorusso, di molti iracheni, di quasi trecento viaggiatori internazionali sulle rotte aeree europee, di manciate di africani annegati o stremate sulle coste italiane, spagnole o cipriote, si chiede il proprio ruolo nel contesto mondiale, si versa il caffè, gira la pagina o cambia il canale. Il finale del fumetto è aperto. Un secondo fumetto si intitola: "Anni di parole inutili". Ai testi l'intera classe giornalistica e politica nazionale e alle illustrazioni la curiosa morbosità del 95% di un popolo. Casa editrice: tutte, partecipanti con un raggruppamento temporaneo di impresa. Parla di un politico italiano, nonchè ex imprenditore di fama internazionale, che a fronte di accuse proseguite per mesi e un coinvolgimento dell'opinione pubblica intera su delle vicende marginali, rispetto le reali problematiche economiche e di politica estera di un paese, si trova infine assolto in appello di giudizio. E il Paese, invece che approfittare finalmente di questo, per dimenticarsi di uno sfiancamento giornalistico infinito attorno ad  una vicenda che comunque sia potrà avere una sua conclusione giudiziaria, ma che non sposterà di nulla il parere comune sull'operato morale e se vogliamo etico del politico stesso, affronta culturalmente il suo domani, iterando la propria curiosità di comprendere ancora qualcosa di una vicenda che persone intelligenti e interessate al futuro di una nazione vorrebbero sapere sepolta nel più breve tempo possibile nelle maggiori profondità della terra, riprendendosi così una dignità condivisa a livello internazionale (scusate, la frase è impegnativa nella lettura, al pari della vicenda). Storia interessante, sviluppi mediocri, conclusione insignificante. Il terzo fumetto che sto leggendo (a fatica) e che non ho ancora finito, essendo lunghissimo, scritto male e disegnato peggio, si intitola "Senza fine?". E' la vicenda di un operaio del settore metalmeccanico italiano, di un commerciante della piccola distribuzione, di un imprenditore del settore edilizio e di un libero professionista, che per caso si incontrano in un bar alle dieci del mattino e reciprocamente si chiedono come mai non siano al lavoro. La risposta passa da bocca in bocca nelle parole dei quattro protagonisti, che nel narrare storie personali, evidenziano una problematica comune: la totale assenza di una programmazione economica seria, che porta ogni specifico attore a guardarsi prima indietro con nostalgia per una povertà o un benessere che comunque offriva condizioni possibili o speranze palusibili, e poi a guardare avanti con un punto interrogativo e una frase comune, che termina con queste parole "...pezze al culo!". In questo momento sto ancora leggendo, però le pagine per arrivare alla fine non sono ancora molte. Spero che questa recensione abbia soddisfatto sia i miei due follower, che i casuali passanti. Grazie.